School drama (atto unico)

Il primo settembre significa “presa di servizio”, perlomeno se sei ancora supplente. Se sei di ruolo puoi stare tranquillo fino al primo collegio docenti, collocato immancabilmente nella prima settimana di settembre. Ad accoglierti nella scuola x/y (in ogni scuola) si mostrano davanti ai tuoi occhi, come fossero su di un palcoscenico, tutte le maschere della commedia dell’arte della scuola.
E sebbene stia parlando di una scuola del nord Italia, in questo ambito le differenze con Roma sono minime.

C’è il bidel… personale ATA che viene dalla Sicilia e inizia a fare il simpatico mostrandoti il plico di fogli di svariate pagine da compilare minuziosamente, in cui dovrai dichiarare le medesime cose ad ogni pagina (servizi svolti, numero di ore, domicilio, residenza e via dicendo). Ti porge il foglio e ti fa: «Bene professore, adesso ci vediamo tra un’oretta», sorride e ti indica l’aula in cui ci sono altri colleghi che stanno svolgendo tale lavoro amanuense.

Entri nell’Aula zero, saluti con un timido “buongiorno” e una dopo l’altra compaiono le maschere sul proscenio dell’anno scolastico che sta riprendendo: c’è la collega di scienze che ha 50 anni che ti chiede sottovoce (come se stesse copiando ad un compito in classe) se bisogna davvero compilare tutto per così tante volte; c’è la collega quarantenne che sta prendendo servizio per il ruolo e sbuffa ad ogni foglio rumoreggiando che siamonel2025eiononsoperchécifannosperecarecarta, oppure l’Amazzoniaciringrazierà o ancora machebisognoc’ècheiodicatuttequestecosenonpossologgarmiconloSpid?; c’è il supplente di scienze motorie che viene già in tuta, ai piedi ha delle Hoka blu oltremare e verde menta e mastica rumorosamente la gomma. Davanti a te la collega siciliana sulla trentina compila diligentemente senza far motto: ha il telefono (un iPhone ultimo grido) messo a tracolla com’è di moda ultimamente, come se fosse una borsetta. Sa tutto quello che deve compilare alla perfezione. Lo sa perché lei ha conoscenze. Ha parenti che lavorano al ministero e le mandano delle soffiate su graduatorie, leggi e normative vigenti. Lo sa perché si è trasferita da Marina alta di Torregrotta Montana bassa a Bergamo su segnalazione di una cugina di secondo grado la cui zia, osteopata, ha la domestica che ha una sorella dirigente del Ministero a Roma che le avrà detto più o meno così: «Vai a Bergamo perché la provincia di Marina alta di Torregrotta Montana bassa per la tua classe di concorso è satura». Di conseguenza il legame con questa conoscenza si fa incessante: la collega siciliana sa tutto e conosce ogni procedura ma a metà compilazione (cascasse il mondo) si gira chiedendoti se bisogna compilare anche il modulo per il ritiro di persona dello stipendio presso le Poste Italiane. È uno di quei moduli che spesso non vengono neanche consegnati per la compilazione. Lei lo sa che non va compilato ma vuole la conferma anche da te. Ha le scarpe a punta di colore giallo fluo e tacchi altissimi, un’orrenda camicia a fiori di un filato plasticoso che manco mi nonna e le unghie lunghissime con dei finti (spero) strass di tanto in tanto sul medio, l’anulare, l’indice.

Termini la compilazione, vai alla segreteria del personale e ti metti in fila. Davanti a te c’è la collega neo mamma (maglietta girocollo sotto ad un maglione pure girocollo di colori diversissimi, borsa gigante al seguito, Stan Smith ai piedi) che si presenta subito chiedendoti delucidazioni sulla legge duemilatrentanove comma secondo protocollata nel marzo ’23 (il cui aggiornamento giace da mesi presso Palazzo Madama per un cavillo burocratico) secondo cui anche lei potrebbe aver accesso ad un giorno in più di permesso per motivi familiari. Fai spallucce perché non sei a conoscenza di quella specifica legge ma la conversazione va avanti sulle scuole in cui avete prestato servizio. Tocca a te: consegni il plico compilato alla segretaria che lo riceve al di là dal vetro, di quelli con il foro tipo ufficio postale o azienda del trasporto pubblico locale. Alle sue spalle noti una cartina fisica enorme della regione Basilicata, evidentemente posta a rimarcare il luogo di provenienza della maggior parte degli impiegati. Hai la tua chiavetta usb in mano, quella con tutti i documenti che occorrono per la validazione della supplenza e per le verifiche delle attestazioni e delle certificazioni: te la sei preparata dall’anno scolastico 2021-2022, da quando la succursale presso cui lavoravi ti aveva chiesto di fornirgli una cartella con tutti i documenti. Da quel momento in poi aggiorni quella chiavetta e ogni anno la presenti alla presa di servizio e anche oggi la porgi alla segretaria la quale, tuttavia, ti spiazza: «Riesce a mandarmi la documentazione via mail?».

A Bergamo dicono così, quando devono chiederti una cosa: «riesci a *infinito del verbo*»: certo che ci riesco ma ti stavo agevolando. «No, meglio via posta elettronica» e ogni volta che una segretaria dice per esteso “posta elettronica” ti ricordi del tuo vecchio “Windows95” costato ore di urli da parte di tuo padre che si era incagliato nel dialogo con l’MS-DOS e che ti litigavi con tuo fratello per giocare a GrandPrix2 (in cui cercavi di vincere le gare prendendo la Minardi o la Tyrrel ma finivi sempre col motore in fiamme).

Esci dalla segreteria e arriva la collega di storia dell’arte. Ne individui subito la materia d’insegnamento perché indossa un mucchio di monili: ha anelli su tutte le mani, orecchini presi al mercatino di Cornareggio Montano alto da un hippie con la barba che le ha letto la mano prima di concludere l’affare.

Davanti a te, nel grande spazio presente all’ingresso di ogni scuola, passa un signore partenopeo che sta parlando al telefono parlando del Napoli calcio e della formazione della prossima partita di campionato in un dialetto molto marcato. Chiude la chiamata e si rivolge a una collega molto più giovane che passava di lì: «Voi siete di materia sciendifica?», lei scuote la testa e dice di essere di francese. Ma lui prosegue: «No è che io sono assistende di lab(b)oratorio ma quessS’anno sòno su sosSègno». La collega, che vorrebbe scappare, si limita ad annuire.

E infine arrivano colleghe e colleghi che sono stati nominati nuovamente in quella scuola che iniziano a chiamare tutti per nome: si avvicinano a tutti schioccando le labbra sulle guance dei collaboratori e dei vice del preside, già che ci sono salutano anche te come faceva fantozzianamente Calboni a Cortina.

È proprio ricominciato l’anno scolastico.

[Questo post è frutto della fantasia dell’autore. Gli stereotipi sono stereotipi e non c’è riferimento alcuno ad alcuna circostanza in particolare. Si satireggia.]