Stati uniti d’Europa: “matrioska” radicale, libdem e centrista

L’ossessione elettorale radicale per gli Stati Uniti d’Europa.

Nonostante le dichiarazioni incrociate, la lista “Stati Uniti d’Europa” pare ci sia. Senza Carlo Calenda (Azione) ma con Matteo Renzi (Italia Viva), Enzo Maraio (segretario del Partito socialista italiano), Volt (ma ancora non è detta l’ultima parola) e Andrea Marcucci (presidente di LibDem).
«Il nostro progetto è attrattivo», ha dichiarato Matteo Renzi nella giornata di ieri [4 aprile 2024], «Per ogni parlamentare europeo che prendiamo noi, un posto in meno per i candidati Meloni, Salvini, Conte, Schlein». Sul pronome noi c’è da intendersi: probabilmente il segretario di Italia Viva ignora (consapevolmente) il fatto che gli eventuali deputati eletti dalla lista siederanno senza una direzione unitaria e le direzioni in cui si muoverebbero sono già molteplici. Così come lo ignorerebbe anche Emma Bonino: «Ho lanciato la lista per gli Stati uniti d’Europa – ha dichiarato a «SkyTg24» il 3 aprile [2024] perché tenga insieme tutti i gruppi liberali europeisti, federalisti anche per condizionare le prossime scelte del parlamento e delle istituzioni europee». Bonino ha poi concluso: «Calenda ha scelto di tirarsi fuori per motivi che non so e che non mi interessano. Mi pare un grande errore».

A ciascuno il suo (seggio)
Al momento, dato Volt deciderà di partecipare o meno alla lista soltanto sabato 6 aprile, gli eventuali europarlamentari che dovessero risultare eletti a Bruxelles/Strasburgo andrebbero in gruppi diversi e spesso non alleati tra loro, come già accennato.
Il Partito socialista italiano
è fondatore e membro del Partito socialista europeo (Pse/S&D), ovvero il gruppo in cui è presente anche il Partito democratico, organizzazione ormai non amica di Matteo Renzi (e di altri esponenti della lista di scopo).
Italia Viva e la parte radicale di +Europa andrebbero a sedersi tra i banchi di Renew Europe ma Radicali Italiani ha il suo riferimento nell’Alde Party mentre Italia Viva al momento ha un solo eletto (Nicola Danti) vicepresidente del gruppo ma in quota Pde (Partito democratico europeo [1], l’organizzazione nata nel 2004 dalla cooperazione e azione congiunta di Francesco Rutelli e François Bayrou).
Della medesima collocazione di Danti-IV c’è la componente L’italia c’è (autodefinitasi “lista civica nazionale”) ex Italia in comune: la corrente di Pizzarotti aveva anche esplicitato la propria collocazione alla scorsa tornata elettorale europea nel simbolo comune di +Europa.
L’organizzazione di Marcucci (LibDem), infine, ha anch’essa come riferimento l’Alde party, ma tra i fondatori del progetto liberal democratico c’è anche Sandro Gozi, rappresentante del Pde ed eletto in Francia nel 2019 nella lista Renaissance.

Partiti contenitori
Uno schieramento, quello della lista Stati uniti d’Europa, che assomiglia sempre di più alla disposizione in campo della Longobarda allenata da Oronzo Canà (integerrimo sostenitore, nonché inventore, del 5-5-5). Ma la «confusione generale», pure citata da Canà ai giocatori al momento dell’illustrazione del modulo, si potrebbe spiegare andando a chiarire un equivoco di fondo: Emma Bonino, Riccardo Magi, Federico Pizzarotti, Benedetto della Vedova e altri esponenti di primo piano di +Europa non fanno parte di un unico partito quanto, piuttosto, di un progetto comune che unisce realtà ex montiane (della Vedova venne eletto con Scelta Civica e ne fu uno dei maggiori sostenitori), ex grilline (Pizzarotti), liberali e radicali. Stati uniti d’Europa verrebbe ad essere il risultato di un accordo tra organizzazioni a loro volta contenitori di altre realtà più o meno rappresentate a livello nazionale e regionale.
Una matrioska liberal-radicale. Un brodo primordiale che fa invidia solo alla galassia della sinistra radicale, socialista e comunista.
Tanto più che i radicali, a partire dal 2015, sono letteralmente esplosi in varie correnti spesso non alleate tra loro (allora le due macro categorie di collocazione erano Radicali italiani e il Partito radicale nonviolento transnazionale e transpartito – Prntt). Il nome stesso della lista è un riferimento ideale oggetto di contese tra le due porzioni più rilevanti del mondo radicale.

«Fantasia e rigore»
Il 24 marzo 1987 il Partito Radicale aveva indetto un convegno a Roma intitolato “Stati uniti d’Europa subito” in cui Marco Pannella dichiarò che l’allora Comunità economica europea avrebbe dovuto avere «un pizzico di follia». Il «Corriere della Sera», nella breve dedicata all’assemblea radicale, aveva raccolto la dichiarazione del fondatore del Pr: «la gente vuole l’Europa subito e occorre rigore e intransigenza per ottenere l’obiettivo». Una volta entrati nel nuovo millennio, fu la volta della rivista «Quaderni radicali» (diretta da Giuseppe Geppi Rippa) a promuovere un numero monografico sul tema, eccezionalmente diffuso in edicola insieme al quotidiano «Il Riformista» (l’allora direttore era Antonio Polito, che si smarcò subito sostenendo che le opinioni espresse dalla rivista non erano le medesime del quotidiano). «Fantasia e rigore sono sinonimi», disse allora Pannella.
La campagna pro Stati uniti europei divampò nelle proposte radicali attraverso la presentazione elettorale di simboli il cui bordo rappresentava la bandiera dei paesi aderenti all’ex Cee. Nel 2009, quando un gruppo di radicali venne eletto nelle fila del Pd alle politiche, i dirigenti della lista “Bonino-Pannella” fecero campagna elettorale con la Stella di David sul bavero della giacca e alle spalle lo slogan “Stati uniti d’Europa subito!“. Gli stessi sentimenti animarono il congresso del 2016 del Pnrtt (tenutosi al carcere di Rebibbia) e anche la querelle che nel 2018 e 2019 divampò a seguito dell’iniziativa degli allora vertici della Lista Pannella, del Prntt e del Psi per l’ipotesi di strutturazione del progetto di lista comune “Stati uniti d’Europa“. In quella fase l’ex tesoriere di Radicali italiani Valerio Federico aveva dichiarato che il progetto della lista era stato evocato «allo scopo di danneggiare Radicali italiani e la lista +Europa». La storia di quella lista fu tormentata (corsi e ricorsi storici?) e qui non la rievocheremo interamente: Maurizio Turco depositò il simbolo al Viminale – come raccontava in quei giorni il docente Gabriele Maestri – ma la cosa non ebbe seguito. Anche se, stando alle rivelazioni del prof. Maestri, la questione non fu indolore:

«[…] quello tra Psi e Lista Marco Pannella non era un semplice rapporto ma un vero e proprio accordo formalizzato in un atto costitutivo di una vera associazione, denominata Stati Uniti d’Europa, volta a “presentare un proprio simbolo e liste di candidati in ogni tipo di elezioni a partire dalle prime elezioni che si terranno dopo la sua costituzione”: l’atto, molto simile nel contenuto a quello che costituì nel 2006 l’associazione La Rosa nel Pugno, è stato rogato da un notaio il 24 ottobre 2018 e lo hanno sottoscritto, oltre a due figure legate alla Lista Pannella, il segretario e il tesoriere del Psi in carica fino al congresso. “Il Partito socialista italiano – ha dichiarato il presidente della Lista Pannella, Maurizio Turco – ha stracciato l’accordo politico (notarile) con la Lista Marco Pannella per la presentazione della lista Stati Uniti d’Europa, accordo che aveva raccolto il 75% dei favori degli iscritti al Psi».

Il battage ideologico continua, la lista verrà presentata ma non dalla medesima parte radicale che ne aveva strutturato l’associazione. E chissà che il simbolo, pur provvisorio, non venga contestato dalla parte del Prntt.

Pubblicato su Atlante Editoriale

Né Schlein, né Meloni: prima di loro Aglietta (Partito radicale), D’Angeli (Sinistra Critica) ma anche Grazia Francescato (Verdi)

Tra la Presidente del Consiglio dei Ministri e la nuova segretaria del Partito democratico c’è un abisso. Anzi, tre. Si chiamano Adelaide Aglietta, Flavia d’Angeli e Grazia Francescato.

« La sua carriera è stata rapidissima. È entrata nel Movimento per la liberazione della donna (Mld), è diventata segretaria regionale del Piemonte e da settembre è la vicesegretaria del partito. Alle elezioni del 20 giugno è stata la prima non eletta dei candidati radicali». 

Non è il 2023 ma è il 1976: un’altra Italia, un altro contesto politico internazionale e, con tutta evidenza, un’altra morale collettiva. 

Il «Corriere della Sera» di quel giorno, venerdì 5 novembre 1976, pone l’articolo (con foto) al centro di pagina 11: «Adelaide Aglietta è la prima donna segretaria di un partito».

L’articolo è stato scritto da Giovanni Russo e si legge ancora: 

«Prima di diventare radicale aveva sempre votato per il Partito socialista italiano (Psi), ma sempre meno convinta. Durante la battaglia per il referendum, si è avvicinata al partito radicale compiendo non solo una scelta politica ma ache una scelta di vita. Dice: “C’è stata così anche una mia crescita personale”». 

La conferenza stampa di presentazione quel giorno avvenne alla presenza di un contestato ma sempre leader del partito Marco Pannella e del vice segretario Gianfranco Spadaccia che Walter Tobagi avrebbe descritto come “il solito” al congresso dell’anno successivo in merito a una vicenda legata al finanziamento pubblico del gruppo parlamentare (ma non del Partito).

Tornando ai nostri giorni: dalla vittoria alle politiche di Meloni, alla scalata di Schlein, i quotidiani si sono sperticati in lodi tanto nei confronti dell’una quanto dell’altra esponente politica: la prima donna Presidente del consiglio dei ministri e leader di un’organizzazione politica e la prima donna segretaria di un partito di sinistra. 

Come detto prima, dunque, vale la pena ricordare che la primissima segretaria di partito si chiamava Adelaide Aglietta: nel 1976 successe a Gianfranco Spadaccia nella direzione del Partito radicale. All’età di 36 anni e con due figli (guai se allora le si fosse dato della “giovane ragazza” come più volte attribuito a Schlein nel corso dei notiziari televisivi e radiofonici) aveva ricevuto l’onore e l’onere di dirigere il Pr di Marco Pannella: «eletta all’unanimità meno un voto», riporta il pomeridiano «Corriere dell’informazione» del 4 novembre di quell’anno.

E ancora: nel 2008 è il momento di Flavia d’Angeli: portavoce di Sinistra Critica, organizzazione della sinistra trotskysta in vita fino al 2013 e tra le più attive della stagione della balcanizzazione della Rifondazione comunista post bertinottiana [1].
I grandi media avevano già preso ad ignorare le posizioni politiche non-mainstream, dunque di Flavia d’Angeli ci sono solamente dei “francobolli” apparsi su quotidiani nazionali, come quello apparso su «Repubblica» all’indomani delle elezioni del 2008 (quelle della “Sinistra Arcobaleno”): 

«Flavia D’ Angeli candidata premier, Franco Turigliatto capolista al Senato in tutte le regioni. Sinistra Critica, il movimento politico trotzkista, ha deciso di indicare una donna per Palazzo Chigi. La D’Angeli ha 34 anni, è laureata in lettere ed è stata impegnata nei movimenti studenteschi e in quelli anti-globalizzazione. Ha ricoperto l’ incarico di coordinatrice dei giovani di Rifondazione comunista a Genova nel 2001 e al Forum sociale di Firenze nel 2002. Dopo l’uscita di Sinistra critica da Rifondazione si è licenziata dal partito e ora è insegnante precaria di materie umanistiche».

Ancora una
C’è spazio per un’altra donna ancora: si tratta di Grazia Francescato. Eletta portavoce della Federazione dei Verdi durante la fase di transizione del partito, diviso tra il cammino in autonomia e il percorso con Sinistra ecologia libertà [un po’ di articoli su quegli anni, dal 2009 al 2011 e sulle conseguenze che ha avuto in quell’area li trovate qui: https://sostienepiccinelli.blogspot.com/search?q=Sinistra+ecologia+libert%C3%A0].

«Con trecento voti su 507 delegati, Grazia Francescato è stata eletta
nuovo presidente dei Verdi. Prende il posto, dopo un regno durato sette
anni, di Alfonso Pecoraro Scanio che si era dimesso dopo il disastro del
voto di aprile [Sinistra arcobaleno]. La votazione a scrutinio segreto ha chiuso nei fatti un
congresso pieno di tensioni, attese e che doveva regolare conti in
sospeso». 

È quanto raccontava Claudia Fusani su «Repubblica» il 19 luglio 2008, in cui la giornalista (ora al «Riformista») dava conto dei rispettivi congressi del Partito dei comunisti italiani (Pdci) e della formazione ecologista, uscite con le ossa rotte dopo le politiche di quell’anno. 

Curioso il dato che viene citato da Fusani nell’articolo:

«Nella sua mozione raccoglie l’anima più radicale del partito, da Paolo
Cento a Loredana de Petris, da Gianfranco Bettin a Angelo Bonelli
(molto fischiato). Quello di Francescato è un mandato di continuità
con la vecchia presidenza e anche un mandato ponte, fino alle Europee.
Per vedere cosa succede a sinistra dopo le macerie del voto di aprile». 

[1] La conferenza nazionale del 2013 si divise in due documenti contrapposti con pari sostenitori e si decise per lo scioglimento. Ne nacquero due organizzazioni: Solidarietà Internazionalista (gruppo d’Angeli) e Sinistra Anticapitalista (Gruppo Turigliatto), il secondo è tutt’ora attivo e ha fatto campagna elettorale per Unione popolare alle elezioni politiche del 2022.