Abitare a Roma, viverne una parte della sua periferia (la più densamente abitata della Città), costituisce un osservatorio privilegiato per il “politicamente parlando” e fornisce degli spunti preziosi per capire come è andata questa campagna elettorale. Un metodo empirico senza dubbio, ma decisamente interessante da analizzare e prendere in considerazione. Vuoi o non vuoi, Roma è pur sempre la Capitale d’Italia e, dunque, una qual certa speculazione politica dagli ànditi delle sue periferie (e non solo) sono da tersi in considerazione nell’ambito di qualsiasi tornata elettorale.
Le plance elettorali sono vuote: da quando sono state installate nessun bandone è stato preso d’assalto, sebbene ci fosse una campagna elettorale non per le elezioni municipali, ma per le politiche e per le regionali. Dove c’è la ciccia, insomma.
Gli assalti all’arma bianca dei bei tempi
In sostanza, e questa è una cosa che solo chi abita a Roma può comprendere, tempo fa (neanche troppo) le regole degli spazi elettorali venivano sostanzialmente ignorate e le plance per l’affissione dei manifesti venivano coperte ad ondate regolari da parte degli attacchini pagati dal candidato di turno che aveva a disposizione un numero sproporzionato di manifesti e che voleva soverchiare quello dell’altro partito mostrando la sua potenza di fuoco nell’affissione in tutti gli spazi elettorali.
Nessuno vuole vincere
Già da un po’ di tempo si manifesta questa tendenza: nessuno vuole vincere le elezioni perché, altrimenti, gli “attori politici” (espressione infelice ma così tanto in voga, ormai) sarebbero costretti a prendere parte di un vero dibattito, con veri temi da discutere. E invece si parla di kannette e austerity (+Europa/Radicali), iNekRiCienestannotropi!1111! (dalla Lega in giù), ci riprenderemo la Libia, beh però alla fine noi siamo meglio di loro, via (Pd) e così via.
Ancora meno, in questa tornata, sono stati i manifesti per le regionali: tutto deve rimanere com’era, un po’ come la scena in cui Fantozzi tocca il culo al Duca Conte Semenzara perché «non si deve interrompere il fluido: tutto deve rimanere come quando ho vinto». Alla Regione Lazio andrà più o meno così: nessuno deve accorgersi che ci sono state le elezioni: vincerà, di nuovo, Zingaretti e nessuno davvero si renderà conto che si è insediato un nuovo Consiglio Regionale. Anche perché, davvero, anche il più idiota a ‘sto giro, s’è reso conto dell’accordo fra PD e Forza Italia/Fd’I: candidare Parisi era come dichiararsi non belligeranti o comunque ancora meno intenzionati a vincere delle politiche.
Una sfida al ribasso costante i cui finali sono: il mantenimento perpetuo dello status quo o il rutto liberatorio di Fantozzi dopo le svariate casse di acqua Bertier. Solo che bisogna capire da che parte pende quel rutto. Politicamente parlando, eh.


