![]() |
| Foto di Nathan Dumlao su Unsplash |
Termine degli studi dopo quattro anni per tutti gli indirizzi e cambio di nomenclatura anche per gli istituti tecnici. Queste parrebbero essere alcune tra le modifiche del Gruppo di lavoro diretto dal prof. Giuseppe Bertagna: il documento, diffuso dalla Flc Cgil, è «risalente ai primi mesi del 2023» ed è stato «redatto da quattordici esperti» coordinati dal docente sopra citato.
La relazione finale del Gruppo di lavoro è stata diffusa dal sindacato ma si tratta di un file pdf composto da fogli scansionati senza indicazione di data, firme e attestazioni che possano facilitare la determinazione di documento autentico: «appare strano – dicono dal sindacato – che di questo gruppo di lavoro non si sia avuta alcuna notizia, né pubblicazione di decreto istitutivo, come diversamente era accaduto nel 2001». Ma il governo Meloni non è nuovo a sorprese o a rotture di schemi istituzionali: d’altronde giungere ad un presidenzialismo de facto parrebbe essere la mossa della coalizione di centrodestra per poterlo introdurre anche de iure, andando oltre i progetti dei governi del trentennio trascorso.
Una formula davvero molto generica che lascia spazio a molteplici interpretazioni sulla strutturazione dei percorsi scolastici della secondaria di secondo grado. Tanto nel documento del gruppo di lavoro coordinato dal prof. Bertagna quanto nella proposta di legge da parte di componenti del gruppo della Lega, il nord della bussola di questi interventi parrebbe essere un adeguamento del sistema scolastico al mercato del lavoro. La scuola andrebbe ad assumere un ruolo sempre più ancillare, come abbiamo già avuto modo di testimoniare. “Ce lo chiede l’Europa”: è il solito mantra che torna. C’è troppo divario tra l’Italia e gli altri paesi europei, stando al testo della proposta di legge Miele: «[la pdl] punta a ridurre il netto divario fra il nostro Paese e il resto d’Europa che permette di far uscire i ragazzi dalle aule a diciotto anni, come avviene da tempo, praticamente in metà dei Paesi dell’Unione europea (tredici su ventisette), tra cui la Spagna, la Francia, il Portogallo, l’Ungheria e la Romania, nonché nel Regno Unito».
Su questo la proposta di legge tace.
Eppure sarà inevitabile un taglio lineare a tutto il personale scolastico: i due concorsi fatti partire con i finanziamenti del Pnrr sembrano andare nella direzione opposta (dunque assunzioni) ma i numeri parlano di immissioni in ruolo consistenti come gocce in un oceano di aridità e di precarietà. Precarietà in cui, invece, continuano a navigare migliaia di precari in tutta Italia tra cui ci sono anche gli idonei del concorso Pnrr1 che hanno superato le prove scritte e orali ma sono stati respinti all’uscio.
