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«I mezzi dell'Atac fanno schifo», giusto. Il fatto è che sono mesi che viaggiano senza manutenzione
Il dito, la luna, il bus in fiamme, la Raggi, l'Atac e la privatizzazione taumaturgica.
Più pensavo ad un titolo e più non mi veniva in mente davvero nulla di costruttivo se non questo. Non sono mai stato un titolista, questo c’è da dirlo.
La storiella del tizio che indica la luna e lo stolto guarda il dito è applicata alla perfezione, confezionando un pacchetto di disinformazione, speculazione politica e ristrettezza di visione del reale consegnandola a chiunque (nel senso più totale del termine) che ne può porre e disporre come peggio crede.
La realtà, però, è un’altra. I bus vanno in fiamme perché la Corpa, azienda che si occupava della manutenzione dei bus di Atac, non s’è vista rinnovare l’appalto e ha licenziato i suoi dipendenti. Gli autobus di Atac viaggiano senza manutenzione. Questo è il fatto, ed è gravissimo che si stia speculando sul bus in fiamme per non dire che più di cento lavoratori che operavano nella manutenzione degli autobus hanno perso il lavoro (mansione utilissima, vien da sé la considerazione).
Il clima che si sta creando attorno alla presunta necessità di privatizzazione del trasporto pubblico è palese e la questione del bus in fiamme, trattata come è stato fatto dalla stampa italiana, ha finito per essere il più grande regalo alla campagna di Radicali Italiani per la «messa a gara del servizio di trasporto pubblico». Questo perché non si è posto un serio dibattito sulla questione di Atac, sulla sua gestione e sulle esternalizzazioni ma ponendo solo l’accento sul debito dell’azienda.
Lo "sloganificio" e l'amministrazione di Roma
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Dunque, quando era ancora, assieme a Stefàno, De Vito e Frongia, consigliere d’opposizione in Assemblea Capitolina, Ignatius Marinus consule.
Le questioni della città di Roma sono imponenti e nella loro grandezza determinano, per forza di cose, anche quelle più piccole o quotidiane: non c’è amministrazione della Città se vengono accettati supinamente i vincoli del patto di stabilità e del debito pubblico.
Tagliando con la metaforica accétta: il Comune deve ridare dei soldi, ma “non sa” a chi.




