Europee, cambiano le regole: partiti nel caos

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Nasce la lista centrista “Stati Uniti d’Europa” ma si rischia già lo strappo con Volt e una parte di +Europa. Disputa sul simbolo tra la lista “Pace terra dignità” (lista Santoro) e i Verdi/Grüne del SudTirolo.

Mancano poco più di tre mesi alle elezioni europee: si terranno l’8 e il 9 giugno [2024] contemporaneamente in tutti i paesi dell’Unione. In Italia il Governo Meloni ha appena cambiato le regole per la presentazione delle liste: le organizzazioni politiche si stanno adeguando alla normativa, non sensa difficoltà.

Cambiano le regole ma in cosa consistono le modifiche?
Il Governo ha modificato la normativa che regola la partecipazione elettorale dei partiti e delle liste attraverso la conversione in legge del decreto 7/2024. Il Governo era partito in gennaio con la volontà di proporre alle Camere un testo già blindato nei fatti, a cui poi si sono aggiunti degli emendamenti in Aula. Tra le varie modifiche ce ne sono due tra le più rilevanti tra cui: la questione della raccolta firme per la presentazione di una lista e il voto – in via sperimentale – ai fuori sede. Riguardo la questione firme, in questo caso attorno all’esenzione della raccolta, potrà avvenire solo per la lista o il partito «che che abbia ottenuto almeno un seggio al Parlamento europeo – ed in una delle circoscrizioni italiane». Alle scorse europee [2019], mancando la specificazione delle circoscrizioni italiane, riuscirono a presentarsi senza raccogliere le firme anche le liste del Partito Pirata, della lista “La sinistra” (Rifondazione-SinistraEuropea e Sinistra Italiana) e del Popolo della famiglia di Massimo Adinolfi.

Proprio Rifondazione, sebbene fondatrice del Partito della Sinistra Europea, quest’ultimo rappresentato a Bruxelles/Strasburgo, ha scritto una lettera al Presidente della Repubblica riguardo, sostengono dal Prc, la palese incostituzionalità del decreto convertito in legge.

Sul voto ai fuori sede la normativa ora stabilisce che gli studenti fuori sede possono votare «nel luogo di domicilio, con esclusivo riferimento alle elezioni europee del 2024» ma è valida solo per «gli elettori che sono temporaneamente domiciliati» da «almeno tre mesi in un comune italiano situato in una regione diversa da quella di residenza». L’aporia della norma sta nel fatto che si voterà sia per il rinnovo del Parlamento europeo, sia per il rinnovo dei consigli in alcune regioni.
Dunque il fuori sede dovrà comunque recarsi là dov’è residente per poter votare anche alle regionali.

E i partiti? L’incontro-scontro al centro
Ventiquattro ore prima delle festività pasquali, è giunto in porto il progetto della lista denominata Stati Uniti d’Europa (SuE). L’area centrista liberal-democratica e radicale ha trovato un accordo attorno al nome della lista, nonché attorno ai maggiori sostenitori e rappresentanti di SuE cioè +Europa (dunque Radicali italiani e Italia in Comune), Italia Viva di Matteo Renzi, Libdem di Andrea Marcucci e il Psi di Enzo Maraio (che non è il nPsi, pur avendo oltre al garofano il medesimo font in comune).
Non ci sarebbero ancora le ufficialità di Volt (il partito politico paneuropeo) e della Nuova Dc siciliana ma il simbolo che è circolato nei giorni di Pasqua vede anche “la pulce” della prima organizzazione citata, che scioglierà la riserva solo il 6 aprile.

L’accordo, quindi, c’è. Cioè: ci sarebbe, pur nell’alveo di una «lista di scopo». Come da migliore tradizione radicale. Ci sarebbe, dicevamo. Il condizionale è d’obbligo e nonostante Emma Bonino in un suo articolo pubblicato su «La Stampa» del 15 dicembre [2023] avesse lanciato – calcisticamente parlando – la palla in tribuna per poter dare il via al percorso di costituzione del progetto, la lista soffrirebbe già di dissidi interni.
Si potrebbe ridurre il tutto ad un equivoco di fondo: +Europa, sebbene abbia trainato la creazione della lista, non è un partito unitario quanto più una sorta di coordinamento liberal-democratico di varie componenti, tra cui quella capitanata da Benedetto della Vedova, quella di Radicali italiani e quella afferente ad Italia in Comune. Federico Pizzarotti fa parte di quest’ultima: da presidente di +Europa ha affidato a X (ex Twitter) la polemica interna, prima riguardo la candidatura di «Marco Zambuto (genero di Totò Cuffaro)» ma anche attorno al simbolo che «non era mai stato condiviso in nessun organo: io non lo avevo mai visto». Chissà che il vento di Calenda, unico escluso dal mal assortito rassemblement centrista, non riesca a soffiare dalle parti di Federico Pizzarotti e spaccare il “fronte” appena nato.

Sinistra: la “lista Santoro” copia i Verdi/Grüne altoatesini?
La lista promossa dal giornalista Michele Santoro, dal professore Raniero La Valle e dall’influencer (ex Fronte della gioventù comunista) Benedetta Sabene, “Pace, terra, dignità”, non dovrà confrontarsi soltanto con la raccolta delle firme, ma anche con la legge. I Verdi del SudTirolo si sono rivolti ad un legale che ha inviato una lettera di diffida a Michele Santoro e a Rifondazione comunista (promotrice della lista), come rivela il docente Gabriele Maestri sul suo blog. Santoro ha, ad ogni modo, ribadito le ragioni della lista affidandosi anch’egli ad un avvocato ed ora è, letteralmente, battaglia sui simboli.

La risacca dei partiti personali
Il dato che emerge fino ad ora è quello dello spazio politico occupato dal “centro” che, a quanto pare, si sta facendo sempre più asfittico. Non più di due lustri fa se la pubblica opinione avesse assistito ad una veemente querelle come quella in essere da mesi (per non dire anni) tra i leader dei vari partiti lib-dem, moderati e radicali ma nell’area politica della sinistra radicale, avrebbe derubricato i dibattiti alla voce “litigiosità” del vocabolario. Proverbiale quella della sinistra, se di mezzo ci sono anche i comunisti o socialisti, poi, non se ne parli neanche. Non prima di aver trattato il tutto con distacco e una punta di disprezzo. Ma ormai l’opinione pubblica è assuefatta ai partiti personali e alle loro dispute, nonché al loro orizzonte elettorale e di brevissimo periodo: la politica, pur lontanissima, è preda di dibattiti su X e a colpi di post. Di sostanza ce n’è poca e c’è da cercarla con la lanterna accesa nel buio.
Come Diogene di Sinope: lui cercava l’uomo, qui cerchiamo la politica.

 

Pubblicato su Atlante Editoriale 

Sono stato centrista prima di te – [Atlante Editoriale]

«Sono iscritto di Italia Viva, sono un dirigente di Italia Viva e sarò iscritto al Terzo Polo quando terminerà il suo processo di costituzione del partito unico, ragionevolmente entro l’anno»1. Era quello che affermava Matteo Renzi il 5 aprile [2023] alle domande poste nel corso della conferenza stampa di passaggio di consegne nella direzione del ‘Riformista’.

Il neo direttore (conferenziere, senatore, già Presidente del consiglio dei ministri, già segretario del Partito Democratico, già sindaco di Firenze) avrebbe aggiunto asserendo che in quel momento non fossero in essere nomi di candidati di Italia Viva ma «solo Calenda». “Cosa ne pensa Calenda del suo approdo al ‘Riformista’?”, interrogavano variamente i giornalisti presenti alla Stampa Estera. Serafico, rispondeva: «Mi è parso entusiasta». Neanche dieci giorni più tardi arriva la rottura e il terzo polo non esiste già più.

Certo è che l’unione tra i due sembrava essere stata frutto più di un atto di opportunismo che altro: Dopo la tornata elettorale capitolina, Calenda tuonava che la politica di Renzi gli faceva orrore e che non avrebbe mai accettato di fare un partito insieme. Lo chiamava pure “quello là”2. Poi la redenzione sulla via della costruzione del Terzo Polo e la successiva rottura.

I gruppi parlamentari si sono divisi, sono iniziate le recriminazioni da entrambe le parti. Azione, in queste settimane, ha iniziato a perdere pezzi: sono comparse lettere aperte sui quotidiani (cartacei e non) di questo o quel gruppo dirigente che avrebbe lasciato per entrare in Italia Viva.

A metà mese in Emilia e nel Lazio si verificano gli smottamenti più significativi. Il 16 maggio la deputata Naike Gruppioni è in conferenza stampa con il Presidente di Italia Viva: «Volevo ringraziare Iv per l’accoglienza calorosa che mi è stata riservata. Sono contenta di essere a casa, perché io a casa sono rimasta. Io, da imprenditrice, ho deciso di sposare il progetto del Terzo polo, quando ad agosto Matteo e Carlo hanno siglato l’alleanza. Ora dicono che mi abbiano scippata, in realtà non mi sono mai mossa. Per costruire un progetto riformista mi devo sentire a casa»3. La polemica di Calenda non è tardata ad arrivare: «Mi permetto solo di notare che, per rispetto alla comunità che l’ha eletta sei mesi fa quasi senza conoscerla, una comunicazione preventiva sarebbe stata più elegante. Ma immagino che l’uscita a sorpresa fosse parte dell’accordo di ingaggio».

Tre giorni dopo la segreteria di Roma lascia il partito: viene diffuso un comunicato stampa che fa il giro della rete: «Abbiamo deciso di lasciare Azione per aderire al progetto di costruzione del Terzo Polo con Italia Viva […] Non si tratta di ‘scippo’ ma della richiesta volontaria di adesione a un partito», così come la pronta e secca smentita di Azione: «Il comunicato è una falsità. I firmatari non sono membri di alcun organo direttivo […] Tra le ragioni, oltre a quelle politiche, proprio la creazione di una “segreteria” che non era né prevista né consentita dalle regole. Insomma non sono dirigenti. Erano membri di una segreteria posticcia e sono stati sfiduciati»4.

Forse era vero quello che affermava Marco Pannella all’epoca della galassia radicale, quando ancora Radicali Italiani e Partito radicale nonviolento transnazionale e transpartito non erano organizzazioni ‘l’una contro l’altra armate’, che i fatti interni ai partiti debbano essere resi pubblici. O, per parafrasare il proverbio: “i litigi si affrontano pubblicamente”.

La situazione è effettivamente grottesca poiché le circostanze pre-elettorali in vista delle europee hanno fatto sì che i fossati diventassero viottoli acciottolati e le strade impervie di montagna agili sentieri battuti. I gruppi alla Camera e al Senato di Azione e Italia Viva si sono riuniti nei giorni scorsi approvando un documento all’unanimità ribadendo l’esigenza di una lista unica alla prossima tornata elettorale. Tanto più, vien da pensare, che il riferimento europeo è comune: Renew Europe.
A tal proposito, proprio Stéphane Séjourné, presidente dell’organizzazione del centro liberale e liberista a Bruxelles, ieri era presente all’assemblea al Teatro Eliseo di Roma. Anche i due rispettivi volti noti di Azione e Italia Viva erano presenti ma il teatro è finzione e dunque s’è tenuto un po’ di giuoco delle parti da entrambi. Qualche mugugno, saluti a mezza bocca («La Repubblica» per la verità dice «nemmeno si sono salutati»5).

Sarà forse il nome “terzo polo” ad essere portatore sano di discussioni, litigi e contrapposizioni personali? Con le iniziali minuscole o tutto in minuscolo o quale che sia la resa grafica, pare sia il nome il fattore che non ha mai portato buona fortuna ai proponenti. Senza andare troppo in là con gli anni, l’ultimo tentativo fu quello di Francesco Rutelli, Gianfranco Fini e Pierferdinando Casini: “Nuovo polo per l’Italia”, altrimenti detto Terzo Polo, a cui poi aderirono anche il Partito Liberale italiano (guidato allora da Stefano de Luca), Verso Nord (allora guidato dall’ex sindaco di Venezia Cacciari), il Movimento per le Autonomie e il Movimento associativo degli italiani all’estero. I gruppi parlamentari si costituirono durante il Berlusconi quater e subito votarono unitariamente la sfiducia all’allora sottosegretario alla giustizia (che per pura assonanza beffarda a questi tempi, sebbene difettivo di una importantissima vocale) era Giacomo Caliendo. Il 15 dicembre 2010 si tenne il primo tavolo dei possibili costituenti del terzo polo: al grande tavolo rettangolare erano seduti Italo Bocchino e Gianfranco Fini (Fli), Linda Lanzillotta e Francesco Rutelli (Api); Pier Ferdinando Casini, Ferdinando Adornato e Lorenzo Cesa (Udc); Giusseppe Reina (Mpa); Daniela Melchiorre (Libdem6) e i due Repubblicani per l’Europa fuoriusciti dal Pri (Giorgio La Malfa e Luciana Sbarbati). Convegni, assemblee, congressi, impegni in prima persona di personaggi illustri dell’imprenditoria nazionale e della politica cittadina si rimboccarono le maniche: «A parlare di Terzo polo arriva anche Luca Cordero di Montezemolo. Accanto a lui […] Gabriele Albertini»7.

Arrivano le amministrative e gli scricchiolii diventano voragini: prima abbandonano Lanzillotta e Vernetti (Api) e si iscrivono al gruppo misto. Poi il caso che vede coinvolti Luigi Lusi e Francesco Rutelli, dunque La Margherita, Api nonché il Partito Democratico. La profondità si trasforma in vento di scirocco che assale: all’indomani delle elezioni del 2013, dopo il governo tecnico di Mario Monti, il Terzo Polo già non esisteva più. «Una stagione chiusa», titolava l’intervista post voto a Pier Ferdinando Casini dell’8 marzo 2013 al «Corriere della Sera». Prima di quella tornata elettorale le tre organizzazioni maggiori costituenti il Terzo polo avevano già deciso che le strade da intraprendere sarebbero state ‘altre’: Futuro e libertà per l’Italia andava incontro alla propria “Caporetto” racimolando lo 0,46% dei voti e l’Udc avrebbe eletto Casini e De Poli al Senato.

Perché se è vera la frase di Pietro Nenni che a forza di rivendicare il purismo finisci per essere epurato, c’è sempre qualcuno che è più centrista, moderato, liberale e liberista di altri.

Anche senza volerlo.

NOTE
1Redazione, Matteo Renzi è il nuovo direttore del Riformista, la presentazione, 5 aprile 2023, «Il Riformista».

2«Non farò politica con Renzi. Il suo modo di fare politica mi fa orrore. Sono stato chiaro? Devo mettere una bandiera? Me lo scrivo sul braccio?», dichiarazione rilasciata nel novembre 2021 in un’intervista a ‘L’aria che tira’, «La7» https://www.youtube.com/watch?v=hcCc-adboFc.

3Redazione, Italia Viva, deputata Gruppioni passa con Renzi da Azione, 16 maggio 2023, «LaPresse».

4Redazione, “La segreteria romana di Calenda passa con Renzi”. Ma Azione smentisce: “Falso”, 19 maggio 2023, «Huffington Post».

5Lorenzo de Cicco, Renzi e Calenda a teatro insieme per Renew Europe. Ma non si salutano. Dalla platea mugugni contro il leader di Azione, 24 maggio 2023, «La Repubblica».

6Oggi formazione politica scomparsa.

7Maurizio Giannattasio, Prove tecniche di Terzo polo. Convegno con Albertini e Montezemolo, 12 novembre 2010, «Corriere della Sera».

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